Su “Bloggare”, “Twittare”, “Tumblare”

Nell’ultimo periodo ho fatto alcune riflessioni sull’utilizzo del blogging o del twittering e della loro importanza per chi fa fotografia. Su questo tema si sono espressi in tanti (un link qui a titolo d’esempio), riconoscendo al social networking, un ruolo importante nella creazione di rapporti e nella consolidazione di “quello che la gente pensa di te” in quanto persona oltre che in quanto tu vuoi mostrare, come professionista, con il tuo sito o portfolio. La prima riflessione è stata la considerazione che i Blog si siano man mano “evoluti” qualitativamente al punto da diventare, per molti  (e mi riferisco in particolare ai circa 200 che seguo attraverso google reader) dei dotti esercizi di stile, o, come nel celeberrimi casi di Joerg Colberg per l’aspetto critico, e di David Hobby per quello tecnico, dei veri e propri modi per diventare “un nome” nel mondo della fotografia, finendo per essere un lavoro full time,  proponendo accurate recensioni, o interessanti interviste, o arguti how-to (corredati da DVD o video corsi).

Non più “bloggo” quello che mi passa per la testa (o mi succede) ma preparo un articolo completo, dettagliato e ragionato. E, in qualche modo, vengo giudicato dai miei lettori su questi parametri. E quindi, se non ho tantissimo tempo (visti i tempi necessari per preparare qualcosa di sensato e di interessante) scrivo di meno…. Perchè, in effetti, l’impegno necessario a catturare chi legge cresce enormemente e quindi quanto scrivo non può essere buttato giù lì e basta, come sto facendo adesso con queste mie riflessioni, ma deve essere faticosamente “partorito” in modo da risultare  “giornalisticamente” valido.

Però c’è la contropartita. Un blogger che non fa più di 5/6 articoli a settimana, perde lettori. E quindi o si fa il blogger full time (finendo per avere anche dei ritorni economici tra sponsor o ritagliandosi un “ruolo”  oppure…. Oppure c’è Tumblr o Posterous.

Che vuol dire….? I due ultimi servizi consentono di scrivere di post immediati e sono una via di mezzo tra un Tweet e un articolo sul blog.

Quindi il “Blog” assurge ad un ruolo più “elevato” mentre per le cose da scrivere di getto c’è la soluzione. Perché essere presenti, scrivere, scrivere, condividere, condividere, muovere bytes ha un ritorno. E il ritorno può essere di tipo economico o d’immagine o di presenza.

Ci si chiede a che serva tutta questa voglia di condividere tutto quanto succeda con tutto il mondo…. Soprattutto perchè, alla fine, i lettori di qualuque tipo di (micro)blog sono ignoti…. WTD797E anzi, alcuni bloggers, chiudono proprio i commenti a quanto scrivono e non ammettono repliche. E perchè molti dei temi e delle notizie finiscono poi per essere “ribattuti” in una specie di tam-tam mediatico continuativo. Che poi è quanto succede ai pochi blog di fotografia italiani (con alcune eccezioni che sono diventate tanto interessanti da entrare nel circuito dei blog “dotti”).

Poi c’è Twitter. Un articolo sul Times di qualche mese fa mi ha convinto a provarlo, forzando il blocco psicologico della necessità (a mio avviso davvero inutile) di dire al mondo che sto facendo in un preciso momento….E la cosa interessante, nel meccanismo dei “follows” è che con poco sforzo una lista di persone interessate ai tuoi pensieri o ai tuoi lavori finisce per essere meno “anonima” degli hits e delle statistiche sugli accessi al blog o al sito. E questo sicuramente ha un valore per chi fa la fatica di scrivere. E poi devo dire che, se si riesce a farne un uso proprio (perchè crea dipendenza e anche diventa una enorme fonte di distrazione), si riescono a filtrare non solo notizie ma anche fonti d’interesse che meritano di essere seguite. Tra esse, in questi mesi circa, ho scoperto ad esempio il blog di Doug Menuez e di Rodney Smith. Blog di fotografi che trasmettono sensazioni personali, non solo fotografie ma pensieri. Assolutamente consigliati.

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