Fotoritocco e Fine Art

Lo spunto di questa riflessione viene dalla vicenda che brevemente vi racconto. Edgar Martins, un fotografo portoghese, vincitore, lo scorso anno della prima edizione del New York Photo Awards, viene inviato dal New York Times per un servizio che documenti l’America incompiuta, tutte quelle costruzioni non ultimate a causa della crisi economica. Edgar è un bravo “fine art” photographer, con alcuni lavori carichi di interesse e di mistero. L’essay viene pubblicato sul Times. Fino a quando alcuni fotografi di una community non si accorgono che alcune foto, una in particolare, sono “pesantemente” (ma anche amatorialmente) fotoritoccate. Il meccanismo, nell’esempio qui sotto, è un semplice Mirror con l’intento di dare alla foto una perfetta simmetria, ma anche a far sì che le scale al centro del fotogramma non portino da nessuna parte.

Un’analisi di dettaglio sulle altre manipolazioni (cloning & healing soprattutto) è possibile leggerla su PDN Pulse.

Non voglio speculare su quanto ci sia di vero (anche se gli esempi sono davvero TROPPO autesplicativi) ma piuttosto sugli effetti. Il primo risultato è stato che il NYT ha rimosso l’essay dal sito riportando quanto segue:

Editors’ Note: July 8, 2009

A picture essay in The Times Magazine on Sunday and an expanded slide show on NYTimes.com entitled “Ruins of the Second Gilded Age” showed large housing construction projects across the United States that came to a halt, often half-finished, when the housing market collapsed. The introduction said that the photographer, a freelancer based in Bedford, England, “creates his images with long exposures but without digital manipulation.”
A reader, however, discovered on close examination that one of the pictures was digitally altered, apparently for aesthetic reasons. Editors later confronted the photographer and determined that most of the images did not wholly reflect the reality they purported to show. Had the editors known that the photographs had been digitally manipulated, they would not have published the picture essay, which has been removed from NYTimes.com.

E, successivamente, approfondendo la questions con un articolo sul Blog Lens.
Della faccenda si sono diffusamente occupati “A Photo Editor” e “Conscentious“. La risposta “ufficiale” del fotografo è attesa in queste ore anche se  in un intervista Edgar aveva dichiarato di non fare uso di fotomanipolazione nei suoi lavori.
La questione è di interesse. Secondo le regole del NYT, il fotografo ha sbagliato (e, a mio avviso, si è anche parzialmente giocato la reputazione). Nulla da eccepire. E’ chiaro che forse in Fine Art il ricorso a cloning & Healing è più “accetabile” di quanto sia in fotogiornalismo, ma è anche innegabile una convergenza tra i due mondi (al punto da assegnare un compito del genere ad un fine art photographer e non ad un fotogiornalista)… Mi viene quindi da pensare che se Martins avesse fatto delle elaborazioni meno marchiane la storia sarebbe passata sotto traccia, eludendo (come avevano all’inizio fatto anche questi scatti) persino il photo editor del New York Times. Mi viene di credere che Martins non sia, in effetti, un fautore del cloning, come da lui stesso dichiarato, e che questa esperienza sia un segno di scarsa padronanza dei mezzi, un errore da neofita di photoshop, sotto pressione per un assignment di alto livello. E mi viene da concludere che, una volta di più, parafrasando Diane Arbus, la fotografia è un segreto su un segreto…. di un ulteriore segreto che è quello che avviene nelle camere chiare dei fotografi moderni….

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *