Un momento nel tempo

Per conto del blog fotografico Lens del The New York Times, vorrei invitarti, e invitare i tuoi amici, conoscenti e colleghi a partecipare a un progetto fotografico internazionale chiamato “Un Momento nel Tempo”. Centinaia di fotografi di tutti i livelli cattureranno lo stesso momento: domenica 2 maggio alle 15:00 Tempo Coordinato Universale. Ovvero le 17:00 a Roma, le 8:00 a Los Angeles, le 11:00 a New York City e Santo Domingo, le 16:00 ad Algeri e Londra, le 19:00 a Mosca e le 23:00 a Pechino.
Questo è il primo tentativo di mettere in contatto fotografi di tutto il mondo.
Chiediamo ai partecipanti di pensare a dove vogliono essere e su cosa vogliono soffermarsi. Pensa a come vuoi rappresentare te stesso e la tua comunità con un’immagine.
Per le immagini suggeriamo le seguenti categorie:

  • Comunità
  • Gioco
  • Natura
  • Ambiente
  • Famiglia
  • Lavoro
  • Arte e Tempo Libero
  • Soldi ed Economia
  • Religione
  • Problematiche Sociali

Le foto non devono essere più grandi di 5M, meglio se almeno 1000 pixel. Per favore rispetta gli standard etici fotogiornalistici e usa Photoshop il meno possibile.
Appena hai scattato le foto, spedisci l’immagine migliore a
http://submit.nytimes.com/moment
Il link sara’ attivato in quella giornata e ti indirizzerà a una scheda online. Ti verrà chiesto di distinguere le tue foto per data e soggetto. Inoltre dovrai scrivere una didascalia che racconta la foto.
Le foto appariranno via via sul Blog Lens e sul sito del New York Times. La tua foto sara’ mostrata nella nostra galleria “Un Momento nel Tempo”, e potra’ anche essere ripresa in un post del Blog Lens.
Per qualsiasi tipo di commento o suggerimento contatta Lens.
Per ulteriori informazioni, dai un’occhiata al Blog Lens su A Moment in Time. Puoi Lens trovare su Facebook o su Twitter per aggiornamenti (@nytimesphoto). Se vuoi rispondere al nostro invito ufficiale su Facebook, clicca qui.

Un “Momento nel Tempo” e’ aperto a tutti. La tua partecipazione arricchirebbe molto il progetto. Spargi la voce il più possibile.
Nota:

Inviando la foto al New York Times assicuri che il contenuto sia originale e non riproduca immagini di altri. Inoltre assicuri che il contenuto della foto non infrange alcun copyright e non riproduce un marchio; non viola i diritti di nessuno e non e’ illecito o ingannevole. Inviando la foto, accetti che possa essere usata sia in Lens, il blog fotogiornalistico del New York Times, sia nella versione online e cartacea del New York Times. Per favore facci sapere se hai domande o commenti rispetto a queste condizioni.

Insulae (2010)

Insulae 01

Questa serie di fotografie cattura quelle che appaiono come “isole di luce” nella notte. C’è una lotta tra luce e buio che, tutto intorno, diventa oblio e mistero. Il velo di luce racchiude tutte le cose che sono costruite a difesa – barriere fisiche e insieme luminose. Le isole luminose sono finti “paesi”, recintati e custoditi, costruiti per i soldati americani e le loro famiglie assieme a strutture poste nelle loro vicinanze, immersi in una campagna buia e silenziosa. E’ un interessante esempio di un tipo di moderna auto-segregazione per una Nazione simbolo di libertà universale…

Le mie emozioni

Fotografare, disegnare con la luce. Di notte, specie in quelle senza luna, la lavagna è nera. E i pastelli, i gessetti, hanno il colore delle luci artificiali. Lampade a solfuri verdognole, lampade al neon, fari a luce bianca quasi alogeni. Il misto delle luci genera bagliori assoluti, assordanti per contrasto in un silenzio che è riposo di uomini, animali e cose.
Le sensazioni, a rivedere in foto i risultati, prima di quelle dell’osservatore, sono le mie. Quelle del fotografo. La presenza rassicurante dell’auto accanto. Un cane in lontananza, un camion che decelera e che con i suoi fari illumina la scena. La scena. Un incontro folgorante tra la propria idea interiore, il senso del racconto del progetto in corso, la sua collocazione in una sequenza mentale di immagini che narrino in modo poco espicito, e che piuttosto suggeriscano una chiave di lettura. Che infonda mistero ed indefinito, che dialoghi ai confini del visibile, con una intellegibilità del soggetto e che ispiri chi guarda a trovare la propria lettura, a farsi trasportare dall’immagine in un mondo parallelo, immersivo, con occhi simili a quelli miei.
In Insulae la storia del sonno dei soldati e delle loro famiglie si intreccia con i fili spinati, con la lotta tra il buio e la luce, metafora sempreverde del dualismo che tanto ha impregnato la nostra cultura. Positivo e negativo, bene e male, zero e uno.
E il bagliore distante diventa un UFO appena atterrato o che sta per partire, un neon acceso, una barra di kriptonite. Nella campagna che lo circonda al limite tra la terra ed il cielo mentre tutti dormono ed io, ostinato, rimango a guardare.

Massimo Cristaldi, Novembre 2010, pubblicato su Urbanautica

Recensioni su Insulae

Non sono molti i lavori di fotografi contemporanei che diano l’immediata percezione dell’apparizione di qualcosa che avevamo sempre visto senza però mai realizzarne la consistenza di realtà: qualcosa ci è di colpo “davanti agli occhi” come se fosse per la prima volta, e questa rivelazione la dobbiamo alla fotografia, un’arte “tecnologica” diventata così ovvia da farci dimenticare quanto potere incantatorio ancora possegga nonostante l’accumulo smodato di immagini digitali, un accumulo che “rende cieca la visione e smussa gli angoli dello sguardo”, per citare le parole di Paul Virilio.
Uno dei non molti lavori che ridanno forza all’incanto di cui parlo è senz’altro questo di Massimo Cristaldi intitolato seccamente “Insulae”, anche se nessuna di queste nette e luminose immagini rappresenta un’isola geografica, una terra emersa dal mare e dall’acqua circondata.
Sono invece isole di luce sbalzate fuori da un’oscurità tanto impenetrabile da sembrare definitiva; brevi strisce illuminate ritagliate nel nero di uno spazio notturno che le circonda e potrebbe forse, un giorno o l’altro, risucchiarle, riassorbirle, come quando un sipario teatrale cala alla fine un applaudito spettacolo.
E sicuro e catturante spettacolo è questo proposto dall’obiettivo puntiglioso di Cristaldi, acquattato in un angolo delle notti durante le quali si è svolto il suo denso e silenzioso lavoro di scrutatore di misteriose e quasi irreali (per eccesso inusitato di realtà) torri e case e altre non meglio identificate costruzioni tecnologiche. Sono queste le “isole”, le zone isolate, i mondi paralleli ai margini delle città abitate, i centri di una sorveglianza militare questa sì un po’ irreale nel nostro mondo unificato e omologato dove, pare, le guerre si svolgano sempre “altrove” e non ci riguardino.
Le “Insulae” militari di Massimo Cristaldi servono anche a questo: a ricordarci che sotto la crosta della nostra pace occidentale si agitano sofisticate macchine di guerra e obiettivi ultra sofisticati che inquadrano obiettivi da bombardare.

Franco Carlisi, Direttore di Gente di Fotografia